La persona soggetta al sentimento della timidezza non riesce a guardare negli occhi il proprio interlocutore: tenta di comunicare e nello stesso tempo sfugge ad ogni tipo di comunicazione. Tensione e irrequietezza vengono trattenuti attraverso la vergogna, senza trovare una via di sfogo.
L’inibizione determinerà un atteggiamento di goffaggine fisica, imbarazzo, azioni motorie rigide, perdita del senso di realtà, difficoltà di pensare, mutismo e linguaggio balbettato.
Queste reazioni inibenti possono far la loro comparsa in determinate situazioni e con determinate persone.
L’opera di censura attraverso il sentimento della vergogna, diventa una difesa contro conflitti affettivi vissuti nel passato, che ritornano sotto diverse spoglie.
La timidezza è anche un modo per mantenere una distanza rigida nei rapporti sociali, mediante la quale si evita una relazione spontanea e calorosa.
Gli affetti sono trattenuti e la comunicazione s’irrigidisce in forme schematiche, dove si cerca la fuga dalla situazione da affrontare.
La persona soggetta alla timidezza all’interno delle relazioni teme di proporsi nel suo Vero Sé: è come se avesse paura di esprimere i propri talenti, le proprie qualità, le vere intenzioni, la propria progettualità e in ultimo, paradossalmente, teme il raggiungimento del successo.
La timidezza oltre ad essere “bloccante” nei rapporti sociali, determina angoscia da prestazione che si potrebbe manifestare negli esami universitari, colloqui lavorativi, interrogazioni, semplici richieste ecc.., e infine anche nella sessualità: l’immagine del Sé apparirà povera e poco efficiente.
Quando il timore degli altri sopravviene, la confusione cognitiva prevale. Emergono pertanto manifestazioni del corpo che dimostrano lo scollamento del soma dall’emozione.
In una situazione di timidezza, con l’aumentar dell’ansia aumenta la sudorazione, la frequenza cardiaca o respiratoria si altera, il timbro di voce cambia, e il “filo” del discorso potrebbe spezzarsi: questo inconveniente è l’espressione di un problema del mettersi in relazione con l’altro.
Nel caso di poca autostima, il timore di non riuscire ad esprimersi diventa una “spina” condizionante incisiva. La paura instaura un “circolo vizioso”, tale da imporre un comportamento autolesivo di passività.
La timidezza compare soprattutto nella fase di corteggiamento e di selezione del partner; in questi casi potrebbero emergere svariati problemi quando la persona non si sente sufficientemente equipaggiata nell’avventurarsi in un rischio, dove un ipotetico fallimento potrebbe minare l’integrità dell’Io.
Timidezza e disagio si presentano maggiormente nella relazione con un’autorità.
Reazioni incontrollabili si verificano quando la persona è soggetta a sentimenti di eccessiva paura, sottomettendosi passivamente, o temendo in modo persecutorio ogni reazione da parte dell’autorità.
Un buon lavoro su persone soggette a timidezza avviene attraverso tecniche corporee e comportamentali, la persona impara a lasciarsi andare manifestandosi nella sua reale personalità, acquisirà le basi tecniche per allenarsi affinché possa ridurre tensione e disagio all’interno delle relazioni.
L’uomo non è un’isola, e pertanto sarà aiutato a confrontarsi senza aver più paura.